domenica 22 febbraio 2009

MACERATA
Teatro SFERISTERIO
L’ELISIR d’AMORE
di Gaetano Donizetti

Una temeraria messa in scena del regista Saverio Marconi e una orchestrazione balbettante del M.° Niels Muus avviliscono il capolavoro donizettiano.

Sul luminoso ponte che collega i perfetti modelli dell’opera buffa -Il Barbiere di Siviglia- e la commedia in musica -Falstaff- L’Elisir d’Amore, capolavoro di ironia, eleganza e leggerezza, si colloca quale virata fondamentale nel melodramma a connotazione comica. Non più personaggi burle e macchiette da palcoscenico tradotti in musica buffa. Ma personaggi autentici, ripresi dalla vita reale che acquistano una dignità di uomini capaci di amare e soffrire, gioire e ingannare, sperare e disperarsi. Non più musica ritagliata sulle qualità delle voci, ma musica che si dilata nella descrizione di ambienti e stati d’animo, ansie e pene d’amore, corteggiamenti vanitosi e furbeschi espedienti per sopravvivere. Una musica senza tempo né luogo perché eterno è l’amore, eterne le pene per vederlo non corrisposto, eterna la gioia di ritrovarlo e ritrovarsi nell’elegia della reciproca dichiarazione di dedizione senza fine. Una musica che attraversa la variopinta umanità di personaggi, grotteschi, ciarlatani, istrioni nel linguaggio e nell’inganno, e personaggi di una semplicità illetterata e tonta ma ricchi di umanità sognante e sofferente per una passione frustrata, furbescamente civettuoli ma intimamente vulnerabili alla gelosia, vibranti al nostalgico richiamo degli affetti domestici, del suono del campanile del villaggio, alla dolcezza non inquinata da reconditi opportunismi. Una musica che dà vita al luminoso paesaggio campestre ove allegre villanelle vivono segretamente le loro tenui pulsioni paesane nell’ascolto della storia di Tristano e Isotta: mito dal grande respiro che dà sostanza e speranza alle loro attese di improbabili affetti. La solitaria malinconia del fagotto che annuncia il superbo volo della "Furtiva lacrima" esprime con Nemorino la infinita solitudine dei poveri di spirito e di ricchezza che nello scorgere furtivo di una lacrima cercano l’illusione della vita e il riscatto della speranza tradita. Nella successiva vibrante preghiera di Adina il comico, il caricaturale, il grottesco si dissolvono per svelare l’improvviso slancio d’amore, con cui Adina avvolge Nemorino di lirico calore e gli restituisce la gioia di vivere. Due momenti musicali sommi, struggenti, ma così diversi da risultare quasi inimmaginabili nella stessa opera.
Tanta dovizia di musica, tanta compiuta armonia, universale e immortale, perdono tutta la loro fragranza se rinchiuse nello spazio angusto e spoglio di un cubo nel quale restano confinati cantanti e orchestrali. Seppure suggerita da ragioni di impiego razionale di uno spazio scenico inidoneo, l’operazione lascia lo spettatore attonito, orfano e sconvolto. Il cubo angusto e spoglio annulla ogni identità, tutti divengono attori e personaggi, senza più alcuna distinzione tra la totalità della vita espressa dalle varie umanità dei personaggi e la totalità della musica che traduce in melodie il complesso intreccio delle loro vicende.
Costretti ad un andirivieni tra gli orchestrali, e nella ricerca di una improbabile dimensione scenica al direttore e ai professori d’orchestra, Valeria Esposito - Adina - e Aquiles Machado - Nemorino -, Erwin Schrott –Dulcamara- Enrico Marrucci -Belcore- perdono il senso della evoluzione dell’azione scenica col mutare delle situazioni spirituali e lasciano i loro personaggi vuoti, come gusci di uova. In tale impresa non soccorre la balbettante orchestrazione del M.° Niels Muus, scarsamente coinvolto nella esplorazione psicologica dei personaggi e delle ambientazioni attraverso lo spartito. Così il canto robusto degli archi, le allegre follie del flauto, il suono intenso e spigliato dei corni e dei violoncelli al levarsi del sipario, lo stesso malinconico assolo del fagotto che introduce la struggente aria, diventano accessori irrilevanti e forse superflui.
Così un’opera di altissima poesia si avvilisce nella ovvia banalità della routine.

Luglio 2007
fm.mirabile@virgilio.it